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Così è morto Gesù: check up della Passione

di Pierluigi BAIMA BOLLONE

tratto da: Avvenire del 30 maggio 1999

Nei Vangeli la precisione di un referto medico.

Attacco di panico nel Getsemani, traumi vari, disidratazione, asfissia e infine una trombosi coronarica.

Intervista di Roberto Beretta



E' come se avesse fatto l'autopsia a Cristo. Quel sabato stesso di Passione, dentro il sepolcro nuovo scavato nella roccia e comprato dal pio Giuseppe d'Arimatea; prima che rotolasse la pietra a custodire (almeno per una notte) il cadavere di Gesù di Nazareth. E quante cose scopre - in un corpo di ormai duemila anni fa - il bisturi accurato di Pierluigi Baima Bollone, 61 anni, direttore dell'Istituto di medicina legale dell'università di Torino (nonché del Centro internazionale di sindonologia).

Il professore seziona con la solita accuratezza dell'anatomo-patologo, scientificamente. E, anche se stavolta i suoi reperti sono soltanto letterari, arriva a conclusioni sorprendenti. «Gli ultimi giorni di Gesù», il volume che Baima Bollone fa uscire dopodomani per Mondadori (pp. 260), dovrebbe far discutere: perché, quanto a deporre sulla storicità dei Vangeli, potrebbe risultare l'equivalente di un papiro di Qumran. Lo scienziato torinese, infatti, riepiloga e discute i migliori risultati della ricerca medica internazionale sulla passione di Cristo, e ne conclude che il Nuovo Testamento è tutt'altro che un testo esclusivamente «teologico». Non potrebbe, vista la precisione nel descrivere i sintomi dell'agonia: con termini che, alla moderna scienza medica, tornano tutti credibili. E qui lo si vede in dettaglio.

Cominciamo dal check up di Gesù il giovedì santo, professore. Come stava il paziente?

"Si potrebbe dire molto in materia, basandosi sui Vangeli. Sappiamo anzitutto che Cristo ha avuto uno sviluppo regolare e armonico, dato che la sua famiglia si spostava in lunghi viaggi senza complicazioni per il bambino. Sappiamo pure che cresceva normalmente, come bambino attivo e capace di iniziativa (vedi l'episodio della fuga nel Tempio)".

C'è però anche qualche accenno di stress: Cristo era stanco per i viaggi e le privazioni?

"Sì, tant'è vero che i farisei lo scambiano per un cinquantenne quando non aveva ancora 40 anni. Insomma, Gesù era in buona salute ma un pò sciupato".

E quel giovedì notte, lei scrive, ebbe un attacco di panico nel Getsemani.

"Si tratta di un termine tecnico: non indica cioè un semplice stato di paura. Come descritto dagli evangelisti, soprattutto dal medico Luca, la situazione di Gesù corrisponde esattamente alla sindrome da attacco di panico scientificamente accreditata. Esistono infatti 13 sintomi tipici del panico e perché si possa dire di trovarsi in presenza di un attacco occorre che nel soggetto ne ricorrano almeno 4; ora, Cristo nell'orto degli ulivi risponde a parecchi: sudorazione, desiderio di fuggire, paura di morire, caduta a terra, angoscia... Insomma, nonostante gli evangelisti non avessero intenzioni mediche, in realtà sono stati clinicamente molto precisi".

E il sudore di sangue?

"E' una fenomenologia nota (anche se rara) e descritta come ematoidrosi, ovvero sudorazione tinta di sangue dovuta a un totale coinvolgimento neurovegetativo: un fenomeno psicosomatico, si direbbe oggi. Come medico non ho dunque nessuna difficoltà a credere a Luca, anche perché Gesù era ben conscio di quel che gli sarebbe capitato. Un'altra ipotesi è quella di un'emorragia cutanea psicogena".

Passiamo al processo. Lei ritiene che la proclamazione di essere il Figlio di Dio, compiuta da Gesù davanti al sommo sacerdote Caifa, sarebbe un'auto-accusa provocata dalle torture e dai traumi già subiti dal prigioniero.

"E' un'ipotesi credibile medicalmente e ben studiata dalla psicologia giudiziaria: infatti si tratta di uno dei comportamenti tipici dell'imputato ingiustamente accusato, che sotto stress tende a dichiarare la sua visione dei fatti per riabilitarsi dalle false accuse e ricostruire il suo senso di autostima. Dunque quel «Tu l'hai detto» pronunciato da Gesù davanti a Caifa potrebbe non essere una rilettura catechetica successiva: è invece scientificamente credibile che una persona in quelle condizioni reagisca così".

Si possono quantificare i dolori subìti da Cristo durante la passione?

"Ci sono anzitutto gli stati di stress psichico, come la paura e la frustrazione per la vergogna subìta con l'arresto. Poi la privazione del sonno, la fame e la sete, oltre alla fatica dei ripetuti interrogatori che dovevano essere estenuanti: paragonabili a quelli di un prigioniero di guerra. Quindi ci sono vari traumatismi contusivi: lo schiaffo di un servo del sacerdote Anna, le percosse dei soldati alla testa, e naturalmente le lesioni delle 39 flagellazioni che già da sole potevano essere mortali. Infine la spogliazione, ripetuta due volte, delle vesti: che deve aver sortito lo stesso effetto di quando si strappano le bende sulle ferite aperte".

Possiamo ricostruire com'era fatta la croce?

"Era probabilmente a «tau», cioè senza la sporgenza superiore, perché così risultava più facile sistemare il patibolo in cima al palo piantato per terra. Non c'era poi ragione che fosse alta, se si pensa che il Golgota era abbastanza elevato per consentire agli astanti di vedere. Ma quanto al resto - se avesse o no un sedile (come si usava talvolta) o un appoggio per i piedi, se siano stati usati 3 oppure 4 chiodi - non possiamo sapere nulla".

Un argomento usato anche contro padre Pio sostiene che egli aveva le stigmate sul palmo delle mani, mentre Gesù fu trafitto nei polsi. E' così?

"Non lo sappiamo esattamente. In ogni caso l'immaginario comune riferisce le piaghe al palmo, anche se la Sindone dice polso e l'unico caso di archeologia testimonia una crocifissione all'avambraccio".

Di che cosa è morto Gesù? L'ipotesi più corrente pare quella dell'asfissia.

"Non basta. L'asfissia non è compatibile col fatto che Gesù in croce parla più volte e col grido emesso prima di morire. Secondo me si è trattato di asfissia complicata da un fatto cardiaco terminale. Una trombosi coronarica, probabilmente, col sangue che coagula nelle coronarie. Il sangue di Gesù, infatti, per la disidratazione e le ferite era viscoso, povero d'ossigeno".

E perché solo tre ore d'agonia?

"In effetti, se crocifissi a braccia allargate, i condannati potevano resistere un giorno e oltre: da cui la rottura delle gambe per accelerare la morte. Ma l'organismo di Gesù era indebolito dalla situazione di base e dalle iper-torture subìte".

Infine la ferita al costato, da cui «uscì sangue e acqua»: cosa ci dice questo particolare?

"Che il sangue era separato nella componente sierosa e in quella rossa, quindi non era più vitale: Gesù era certamente già morto. Ma non è probabile che la lancia del soldato abbia colpito il cuore, perché poi di lì difficilmente il sangue riesce a uscire dal corpo: si ferma nel cavo pleurico. E' più accettabile che ci fosse un precedente accumulo di sangue nel torace, forse dovuto a un colpo di flagello".

Comunque, dopo la sua analisi, i Vangeli risultano attendibili dal punto di vista medico-legale.

"Perfettamente".

E cosa dice ad esegeti e teologi che, dalla scuola storico-critica in poi, tendono a considerare l'opera degli evangelisti come una semplice rilettura "catechetica", con scarso valore di cronaca?

"Non entro in merito. Dico solo che il riscontro medico legale è questo. E depone a favore della storicità dei Vangeli. Gli evangelisti non volevano fare un referto medico, però l'hanno fatto ed è scientificamente credibile".

A questo punto non si può trascurare quella che potrebbe essere la "prova del nove": la Sindone.

"No, della Sindone non si parla nel libro e ci tengo che si dica".

Perché?

"E' un problema di metodo: prima studiamo i Vangeli dal punto di vista medico, poi vedremo se i dati sono compatibili con l'uomo della Sindone. Ma in un altro libro".

Ci anticipi almeno se i risultati delle due indagini sono compatibili.

"Sì, lo sono".

 

 

 

 


 

 

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