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VIVERE IL SERVIZIO

Esperienza di un barelliere a Lourdes

E tutto ciò che farete a uno di questi piccoli è come se lo aveste fatto a me. Gesù di Nazareth

Tratto dagli appunti di viaggio di Camillo Senna, barelliere a Lourdes.

Ogni cristiano ha un traguardo ben preciso che consiste nel seguire gli insegnamenti di nostro Signore Gesù Cristo. Questo traguardo non può però essere raggiunto se il servizio ai nostri simili non viene considerato come un dovere ben preciso che non dovrebbe mai essere sottovalutato.

Purtroppo la vita dei nostri giorni, con i suoi inderogabili impegni di lavoro e di famiglia, non sempre consente di agire come vorremmo ed è per questo motivo che da diversi anni utilizzo parte delle mie ferie per offrire il mio supporto come barelliere a Lourdes. Questa attività è patrocinata da alcune associazioni internazionali tra cui la "Oftal".

Il compito dei barellieri è molteplice: inizia sul treno "bianco" che trasporta i malati e gli accompagnatori a Lourdes; si sviluppa, una volta arrivati, con il compito di accompagnare gli ammalati alle piscine di acqua benedetta ed alle varie processioni; termina con l'assistenza fornita durante il viaggio di ritorno.

Durante il viaggio la sofferenza che, seppur celata dall'umano pudore di chi soffre e non vuole far portare la sua croce agli altri, gioca un ruolo determinante. Le etichette che separano i singoli individui nel consorzio umano cessano di esistere. Direttori di azienda, studenti e disoccupati perdono il loro ruolo personale per assumere quello di assistente o di assistito; un rapporto comunitario dove dare e ricevere non hanno più significato perchè la sostanza di scambio è soltanto amore vero, sincero e disinteressato.

Anche la vita promiscua negli alloggi per il personale porta ad un cameratismo che, seppur necessario, non pesa per nulla perchè ognuno sente l'altro come una parte complementare di sé stesso.

Il servizio agli ammalati offre l'opportunità di fare delle esperienze meravigliose. L'assistenza alle piscine permette di udire molteplici linguaggi ed i canti che si levano alla "Madre Maria" sono una polifonia che, malgrado la diversità delle lingue, è pregna di fiducia e speranza. Qui la sofferenza cessa di essere una croce e diventa un mezzo di redenzione e rigenerazione. Le persone lo recepiscono e la commozione è comune.

Da ben duemila anni Il Cristo è in tutti noi, sempre, ma ben poche volte ne siamo consapevoli, è come un mendicante al quale offriamo assai poco, ed anche questo di rado.

Nei pochi gironi trascorsi a Lourdes la situazione cambia radicalmente, il Cristo appare ovunque, nei volti sofferenti dei malati ed in quelli premurosi degli assistenti, nelle lacrime del bimbo paralitico e nell'angoscia celata della sua mamma. Sì, in ogni sofferente vi è il Cristo che soffre, è in loro, è in me, è in tutti noi che cantiamo, soffriamo e speriamo.

Quanta sofferenza! A stento trattengo le lacrime e porgo un sorriso a colui che porta una croce più grande della mia... Ma con quale diritto posso parlare di croce io che sono sano, ho una bella famiglia e forse sono la causa primaria degli attriti e disaccordi di cui mi lamento Questi pensieri mi turbano, non riesco a scacciarli.

Nella cappella del Santissimo Sacramento, tra una folla orante, devota e silenziosa, faccio l'esame di coscienza e non posso trattenere che qualche lacrima righi il mio volto. Tutti gli alibi perdono il loro valore, mi ritrovo «nudo» davanti alla mia miseria ed a tutte le scuse che per anni ho eretto a difesa della mia inadeguatezza.

Un bimbo mi guarda, mi fa' sentire assai imbarazzato, vorrei nascondermi ma non lo faccio, almeno qui non voglio fare lo struzzo. Nel cuore mi nasce una preghiera struggente: "Signore, Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore".

La Messa, celebrata nelle varie cappelle lungo tutto l'arco della giornata, i punti di incontro e di preghiera, la processione degli ammalati non sono che momenti di fede sentita e vissuta. Come vorrei che il monotono grigiore della mia vita quotidiana potesse essere interrotto da attimi così intensi e struggenti.

Ciò che però mi ha colpitodi più è stata la fiaccolata notturna. Una sera magnifica di fine estate, una brezza leggera e migliaia di fiaccole, simbolo di vita e di luce, e tanta, tanta, fede. Io spingo una carrozzina con Bruna, una invalida civile. Siamo in due con ruoli assi diversi, io la spingo e lei è spinta da me. Eppure, ad un livello superiore, non sono più io a spingere ma è lei: la sua compostezza nella disgrazia preme sulla mia coscienza e mi rende ancor più consapevole del mio destino fortunato e di quanto poco ne sia grato al Signore.

Il santuario è completamente circondato di luce; canti mariani si innalzano al cielo in tante lingue diverse. Per un attimo gli ammalati non lo sono più, sono figli di Dio che innalzano lodi. Per pochi istanti lo spirito immortale si é liberato dalla carne tormentata e si libra in alto, sempre più in alto, in un estremo tentativo di ricongiungersi al suo Creatore, Padre, e Signore. Ora tutto tace.

Siamo di nuovo nelle camerate, eppure qualcosa è cambiato. Ora il dubbio ha lasciato posto alla certezza, sono sicuro che Dio non solo esiste ma tutti noi siamo suoi figli.Mi riprometto di cercare nel volto dei miei famigliari il volto del Cristo per megli comprenderli ed amarli.

Ma perchè solo di essi Lo voglio trovare nel volto del mio capoufficio, del giornalaio, del mio vicino di casa e di tutti color che mi circondano. Voglio ricordarmi sempre che siamo tutti tralci di quella vite simbolo del mistico corpo del Cristo.

Ora capisco S. Francesco che ammoniva: "È solo dando che si riceve". Come vorrei gridarlo a chi è solo nel suo egoismo e nei suoi rancori e limita la sua esistenza nel grigio riscontro della sua vita quotidiana.

Ricordo una predica in cui il prete ebbe a dire: "Come potete trovare la pace, se non la date per primi?". Oggi la pace si cerca nel tranquillante, è una pace da struzzi dalla mente intorpidita. Tiriamo fuori la testa dalla sabbia e facciamo una bell'esame della nostra vita. Scopriremo che la causa di molti dei nostri problemi siamo proprio noi stessi.

Testo a cura di Mario Rizzi (sito www.viveremeglio.org).


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