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PITAGORA

ricerca di Anna Maria Piantanida

 

Il fondamento logico-matematico del Pitagorismo ha contribuito a dare tipica fisionomia alla pratica della purificazione, propria in antico, delle Religioni e dei Misteri: -quando ti avvicini al tempio, avrai deposto ogni traccia della tua vita sensibile, sarai scalzo e umile, con le mani libere e ti prostrerai innanzi alla voce spirante dei venti- Nel Convito platonico, il Saggio -una volta diradate le ombre della notte e lasciati i convitati ebbri ancora nel sonno,- inizia la giornata con il lavacro e la preghiera al Sole.

Il contesto è simbolico, oltre che poetico e, nel personaggio di Socrate, raccoglie la reminiscenza di Pitagora: l'individuo segue la disciplina concettuale o cosciente, o della Ragione, con il suo tono di potere universale. Si narra di Pitagora che compisse sui discepoli, segni di liberazione dagli incubi del sonno, come dai malori, e che presiedesse, con il proprio benefico influsso, al risveglio degli adepti. La componente simbolica è visibile, anche perché il male, la pesantezza fisica, il tributo alla materia, sono spesso collegati -nel mondo orientale e mediterraneo- agli invisibili pesi delle tentazioni od anche semplicemente all'esaurimento del karma.

Comunque, pure che ci si fermi al fattore razionale, l'eredità pitagorica si svolge attraverso la storia del pensiero fino alle più avanzate possibilità dei tempi. Da Socrate all'epoca moderna, basta riflettere sulla nuova concezione della metafisica, non più teoretica ma logica, interiore ed universalizzante. Il senso catartico di Kant è assai duro e risente del "male radicale" di Lutero, benché Kant inclini ad un dualismo sostanzialmente gnostico-manicheo (la lotta dei due Principii). Il ripudio delle passioni, la tolleranza alle "inclinazioni" innocenti solo come sollievo alle anime ancora immature, fanno concludere che "l'anima è pura soltanto nel dolore".

La discendenza pitagorico- socratico-kantiana è evidente nel pensiero di uno tra i maggiori spiriti religiosi contemporanei; il quale, tra l'altro, ha aperto le vie di una aspirazione profonda alla catarsi corale del Cristianesimo storico, quando non si parlava ancora neppure di ecumenismo. Mentre si proietta nel futuro, l'ideale di Pietro Martinetti riprende un motivo familiare dello spirito dei Misteri: i conflitti tra la religione e la Filosofia sono illusori. Egli sostiene infatti che la Ragione, gradualmente elevandosi dall'intellettualismo alla vita metafisica, giunse alla contemplazione dell'Unità della Vita ossia alla fonte della Religione nel suo fedele significato di ricongiungimento dell'Io al Tutto.

Se si proietta nell'attualità e più ancora nell'avvenire la Catarsi investe il metodo della Libera Muratoria. Stando alle regole della scuola Italica, la semplice spoliazione dei metalli travalica la comune accezione morale. La rinuncia è il preludio della Trasmutazione ne "l'occhio immobile dell'Alchimista". L'aspirante ha da guardarsi allo specchio, per affrontarsi in controfigura, secondo la prova pitagorica di ascoltare le critiche più pesanti senza reagire.

Questo significa essere veramente "liberi":cominciando da noi stessi. Se oggi, ancora spesso, restiamo fermi dinanzi a tale difficoltà suprema, perché non ammettere una porta della libertà spalancata sull'avvenire ?

Quasi la metà dei Versi d'Oro s'intitola alla Purificazione: la libertà dunque si conquista con qualche fatica, e la catarsi - ch'era l'atto preventivo di qualsiasi operazione rituale - diventa la missione permanente dell'uomo.

Una volta stabilito il valore di base della purificazione, la Scuola Italica proietta il destino dell'uomo oltre la vita delle fisiche apparenze. Filolao dice che la morte è la condizione che permette all'anima di seguire nel cosmo una esistenza di vera libertà. Alcmeome afferma che la qualità mortale dell'uomo si spiega solo in quanto la maggior parte degli individui non riesce a scorgere dove si va a conchiudere il capitolo aperto sulla faccia della terra, mentre solo pochi hanno la grazia di guardare oltre certe barriere. Archita distingue il vivente dal morto e attribuisce al primo la necessità di morire per rivivere, mentre colui che si è chiuso alla vita spirituale, rischia di perdere il dono di tornare in qualche modo a rivedere la luce.

I Versi d'Oro si conchiudono con la promessa della divinizzazione o liberazione dalla morte (la "osirificazione" ermetica). Le espressioni pitagoriche sono brevi, apodittiche e in definitiva oscure. D'altra parte, i modi con i quali il senso cosmico della vita compare agli occhi umani, sono imprevedibili. Le Erinni seguirebbero coloro che, allontanatisi di casa, si voltano indietro; non sputare sui propri capelli ed unghie, non lasciare l'orma della persona nel letto, dopo levati:in casi del genere l'oscurità è incisiva. La scena delle Furie ha trovato spiegazione in Julius Evola: l'anima del mortale non è immortale a priori, altrimenti l'iniziazione sarebbe inutile; pitagoricamente, l'anima diventa immortale quando si libera dalle passioni (le Erinni) e resta invece mortale se ne è dominata. Oltre alle imprevedibili influenze di ambiente e di redazione dei "formulari" magici, bisogna considerare le influenze, altrettanto impreviste ma più sostanziali, delle forze astrali sulla dimensione in cui l'uomo si muove. Allora certe espressioni strane si spiegano. Tanto più chiara invece, ai fini del rapporto io-cosmo, è la prescrizione di non cibarsi di "cadaveri".

La cosmicità umana, dalla quale dipende l'immortalità meglio si spiega con il Tempo (che sarebbe stato inteso da Pitagora, l'Anima del Mondo). Tutto vibra e tende al Fine supremo; e il tempo è la segnatura musicale di un moto perenne nel cui contesto l'individuo è libero di assumere il proprio ruolo. Una tale visione delle cose appartiene specialmente ad Archita, che stabilì la differenza tra fisico e psichico. La funzione catartica della Musica, anche sotto l'aspetto terapeutico, si spiega in quella forma di possibile sopravvivenza assonnate alla regola generale del mondo. Quando si legge che Pitagora calmava con il suono gli agitati e gli ebbri, si ridiscende alla sperimentazione dell'influenza musicale sugli esseri meno evoluti, per esempio sui serpenti.

E' vero che la musica può apparire talvolta distrazione dal Fine, incantamento per l'uomo (le Sirene); ma i pitagorici presupponevano la capacità dell'Iniziato (Ulisse) di reinserire nella Misura (il Tetracordo), le note sparse, ossia le forze incontrollate. Certo non è possibile od almeno è assai difficile, raffigurarsi il "vivere sub specie interioritatis" di cui insiste Arturo Reghini, stabilendo un ponte, attraverso Renè Guenon, con la tecnica dei Vedanta. Basterebbe per un momento considerare l'immobilismo sostanziale, di questa esistenza (non erroneamente chiamata "Valle delle lacrime") per capire che l'immortalità deve ragionevolmente passare attraverso il rischio di innumerevoli forme.

Neppure credo si possa negare -pitagorica o no secondo alcuni- la Metempsicosi. In buona sostanza, essa esprime la coscienza del limite dell'io di fronte all'universo (e dunque l'umiltà è indispensabile all'iniziato). Non diventeremo immortali né qui, né a pochi passi di distanza, né con esercizi speciali (per quanto elevati e degni), né con la fede, la grazia, la contemplazione (beatifiche ed ammirande comunque).

E' Ragon infine che ci offre la spiegazione più comprensibile di quella metempsicosi; la quale facilmente fa sorridere, purché non si pensi, in quel momento, all'incommensurabile grido di dolore degli animali sacrificati, torturati, vivisezionati, perseguitati fino all'estinzione della specie, da oggi fino alla notte dei tempi. Pitagora ricavò dalla terra a noi "materna" (l'antichissima India) piena di "principi nobili" e di "molte assurdità" contemporaneamente, la credenza di uno specchio ammonitore dell'avvenire dei cattivi, e la presentò agli strati sociali meno evoluti.

Ragon ricorda ancora Palinuro: Bali-Nur: luce del Sole, precipitato dalla "nave" (secondo le immagini del "carro" di Osiride, l'Apollo egiziano), i cui riti invocati post-mortem ne salvarono l'anima da Tifone (l'Abisso). Infine, la leggenda di Senofonte sull'intervento del Maestro a difesa di un cane maltrattato, rientra nella generale normativa dei Saggi che la Natura (ed i deboli) sia rispettata. Nei guaiti di quella povera bestia Pitagora disse di aver sentito una voce amichevole. Niente di curioso o di straordinario per noi cui la Scienza ha dimostrato che gli animali superiori sono in grado di riconoscere i loro stessi consanguinei e che la traduzione del linguaggio delle piante (la cui psichicità è stata perfino fotografata), tradotta in lingua umana, suona"amicizia". Il Maestro sentiva allora, quello che oggi il progresso permette di sentire a tutti: ancora una aggiunta alla nostra responsabilità verso il Cosmo !

Fondamentale contrassegno del Pitagorismo è la disposizione a riassumere tutti i destini particolari in una motivazione razionale manifestata dalle Leggi della Natura. Secondo Aristotele, i Pitagorici usarono allo scopo, le matematiche; noi possiamo aggiungere che, precorrendo Cartesio, avrebbero inserito nella filosofia e nelle visioni del mondo, il criterio matematico. Aristotele disse anche del disinteresse (l'amore per il "sapere stesso") di quanti rifuggivano l'ignoranza e si rivolgevano alla filo-sofia, questo è importante per ritrovare il concetto filosofico di fondo: misura dell'universo-giustizia. Sono convinto che questi siano i reali termini della cosmologia pitagorica.

Il Cielo fu considerato un Numero -prosegue Aristotele-, ed il sistema generale delle cose apparve il riflesso della "disposizione dell'universo intero", sia pure ricorrendo ad "accorgimenti" o forzature (con Pitagora, Aristotele non è tenero). Il primo e glorioso assertore della Logica -e quindi del principio di identità e di non contraddizione- ha ammesso dunque che altri abbia potuto immaginare "le coppie di contrari" (le aristoteliche Categorie, se si vuole), come cause "materiali" in quanto "entrano in composizione dell'intero esistere".

Malgrado nello spirito classificativo aristotelico, si è fatta strada da sè la componente dialettica universale. Essa figurava già nella fase conclusiva del pensiero di Platone (per più versi amico di Pitagora) e poi comparirà nella scienza moderna, nella tematica bivalente di "materia" ed "energia". La costante apertura del problema trova in ogni caso conferma nella difficoltà ricorrente di armonizzare la Scienza e lo Spirito (soprattutto in termini di Religione).

La situazione della nostra epoca è tipizzata dall'ampio sviluppo delle cognizioni tecniche e delle autentiche meraviglie dell'informatica. Eppure lo stesso individuo che non scorge miracoli nel cervello elettronico, né si impressiona ad avere "creato" o comunque riprodotto nella vita una parte operante di se stesso, si appoggia acriticamente più o meno, al costume, specie nella religione, ed a tradizioni che , nell'intimo, forse, lo toccano appena.

Sul simbolismo delle "cifre" pitagoriche, numerose, note ed esaurienti sono le pagine stampate. I riferimenti massonici sono sostenuti dalla Tavola Tripartita (i primi 9 numeri distribuiti 3x3 su colonne ed aventi il 5 al centro) I riferimenti all'esoterismo dantesco sono confortati dal 3 e dal 9 in poetiche assonanze culminanti nella figura di Beatrice.

Le 9 Muse e i 9 Archi dell'iniziazione talmudica e biblica; le 9 Sephirot della Kabbala, rimandano tutti all'origine del mondo rappresentata dal Triangolo con dentro il Nome Sacro e l'occhio (Dio o sia la Coscienza), secondo la Tetractis. Nella specifica euritmia rituale, si snodano le cifre 3, 5, 7, 9; a me sembra vogliano esprimere la piena volontà di apprendere la vita, l'intelligenza adeguatesi alla cognizione dei Misteri, la composizione del Triangolo e del quadrato ovvero del Sapere illuminato dal Punto e dalla terrestre fondazione civile su regole di bene.

Dalla struttura (o sinfonia di corrispondenze) della Piramide, si deduce infine la consapevolezza di corrispondere l'Alto con il Basso e viceversa (come nella Tavola Smeraldina). Diaz de Palma ha intuito il collegamento tra la iniziazione egiziana ed il senso pitagorico della giustizia, quando ha immaginato l'equilibrio della vita come il riflesso di Ermete Trismegisto, emergente dalla dialettica dei contrari.

Anche ove sembri un poco affrettato passare subito alla dottrina degli Alchimisti ed alla Kabbala, la dialettica cosmica resta il punto più sicuro di raccordo. Si tratta di rinvenire sotto le sabbie di Memphis, i solchi di una via che si chiama Numero - Giustizia - Natura. L'equilibrio non è scienza pura, né pura idea, ma realtà nel Microcosmo e nel Macrocosmo, in noi e sopra le nostre teste. Anche il rapporto immanente e trascendente ne ritrae una più convincente esplicazione.

Ed anche per tale motivo, con sufficiente probabilità, le Costitutions of the Ancient Fraternity of Free and Accepted Masons under the United Grand Lodge of England (Freemasons' Hall, London 1970) riportano la Squadra ed il Diagramma della 17° proposizione del Libro di Euclide in cornice d'argento, per dare un distintivo -che è certamente un certificato di sperimentata consacrazione- al Past Master. Se si riflette sui possibili collegamenti (che il Reghini ha sostenuto) tra la concezione pitagorica della Natura (con la quadratura del Circolo) e quella di Scoto Eriugena (le quattro sequenze del circolo nel De divisione naturae) pur senza escludere il precorrimento Pitagorismo-Vedanta, si deve riconoscere la linea che congiunge Pitagora a Plotino ed alla sua scuola. Il Mistero aristocratico si è andato via via allargando nell'orizzonte di una cittadinanza -religiosa e civile- universale.

La Luce è nell'ombra ed è mescolata alle tenebre. Questa affermazione che Ferocle attribuisce a Pitagora è il preludio (giovanneo) del Ciclo del Fuoco da cui, secondo la Legge stabilita dall'Unico Padre (plotiniano), provengono gli Dei, gli Eroi e i Demoni. La unità Suprema dunque si esprime con gli Elhoim. In questa luminosa ed impressionante progenie del Fuoco, prendono posto, -sempre nella tradizione pitagorica o pseudo- gli Uomini: precedono i Demoni, ma seguono gli Dei; non a caso un poeta, passato per malinconico, e libero muratore, dirà che l'uomo "vive tra il tutto ed il niente".

Ma veramente, vale immaginare una storia metafisica della Luce per spiegare l'apparizione dell'uomo ? Il Pitagorismo comunque ha inteso studiare scientificamente i problemi "della terra" per liberare l'uomo non solo dalla noiosa foschia della sua abituale atmosfera, quanto dalla parte del suo sè cui i demoni sono più vicini e gli dei maggiormente lontani. Quando secondo Vincenzo Cuoco, Platone avrebbe detto che in Egitto, le dottrine erano discordanti dalle italiche, poteva forse avere ragione, rispetto ad un mondo tradizionalmente popolato di dei, da immagini di morte e di sopravvivenza ed infine da conoscenze di aristocrazia scientifica per più versi ancora misteriose ?

Platone in Italia non è meno leggendario di Pitagora. Sul piano dei simboli poi, l'Egitto non è tanto una terra classificata in metro di storia, quanto un simbolo esso stesso (Misraïm).

Secondo il Mackhey, la distinzione di "esoterico" ed "exoterico" è venuta proprio dai preti egiziani, ed ha indicato per conseguenza, la possibilità di una catena autonoma di pensiero ovviamente custodita dai pericoli della impreparazione. Si tratta di vedere se mai quali dovevano essere i termini di quella custodia, ma qui siamo nell'opinabile. Pitagora di certo viaggiò nel Mediterraneo e da Sais ebbe l'avvio ad introdursi in tutti gli altri Misteri. Tanto è probabile, essendo poi, a distanza di grande tempo, la testimonianza di lui riapparsa in Alessandria e nel Rinascimento ed oltre. Allora, quando gli iniziati del Rito di Memphis e Misraïm congiungono l'Oro e l'Argento potenzialmente contenuti nel Mercurio secondo l'immagine del Caduceo (Cavaliere del Sole) ed al supremo limite della consacrazione templare, si purificano nel Piombo in fusione (33°grado), Ermete rinasce per tutti dalla notte dei tempi , sotto tutte le immagini. E la Natura si ritrova nel Fuoco Centrale: da Pitagora agli Stoici fino all'Apocatastasi cristiano-alessandrina che chiuderà il cerchio aperto da Eraclito "l'Oscuro" (l'Iniziato) profetizzante l'Eterno ritorno e la Legge cosmica delle Trasmutazioni.

Tratto da un quaderno dell’ Ill:. mo e Pot:. mo Fr:. Carlo Gentile 33:. 66:. 90:

L'origine dell'Anima secondo Pitagora

Pitagora (640- 750 a .C. - 504- 501 a .C.)

Tratto dal libro: "Pitagora e i Misteri"

di Jean Mallinger


I neofiti ricevettero dal Maestro una quadruplice lezione, poiché da lui appresero il segreto della dualità dell'essere umano, la psicologia segreta,la pesata dell'anima e l'origine di essa.


a) La nostra anima è imprigionata nel corpo, diceva il Maestro,formulando questa regola col celebre adagio: «Sôma Sêma», «il corpo è una tomba». Nel corpo, l'anima lotta costantemente contro le nostre tendenze inferiori. L'essere umano è dunque duplice, è al tempo stesso materia e spirito. Ognuno di questi elementi ha la propria originalità e la propria natura caratteristica.
    

 b) L'anima è composta da una particella di etere caldo e da una di etere freddo; una di esse è eterna. La nostra anima si nutre di sangue, e persino quelle dei morti ne bramano ancora la vitalità: è così che si spiegano i fenomeni di ossessione, di vampirismo, le apparizioni ed i fantasmi che certe persone hanno potuto percepire. L'anima è legata al corpo dai bronchi,
non dal cervello, ed entra in noi col primo atto di respirazione,
abbandonandoci all'ultimo respiro. Di notte, acquisisce un'espansione maggiore, e durante il sonno non si può spostare fino a distanze considerevoli. E' in questo modo che vengono spiegati i fenomeni di telepatia, di chiaroveggenza e di premonizione.


La vita umana partecipa del calore universale ed è in risonanza col sole, portatore di vita; come la pioggia discende dal cielo, entra in terra e poi risale verso il sole, per l'evaporazione del mare, allo stesso modo le anime discendono dal cielo, entrano nella prigione della carne e risalgono verso il Sole al momento della morte. Gli occhi sono le porte del Sole: essi hanno in sé un elemento igneo ed emettono raggi che vanno a cogliere l'oggetto esterno. Ciò spiega le immagini degli specchi. La visione è possibile solo attraverso l'acqua e l'aria, che sono fredde. La nostra voce è formata dall'etere freddo e invisibile.

Abbiamo in noi quattro vite successive, incastrate l'una dentro l'altra.
L'uomo è un minerale, perché ha in sé lo scheletro, formato da sali e da sostanze minerali; attorno a questo scheletro è ricamato un corpo di carne, formato di acqua, di fermenti e di altri sali. L'uomo è anche un vegetale, perché come le piante si nutre, respira, ha un sistema circolatorio, ha il sangue come linfa, si riproduce. E anche un animale, in quanto dotato di motilità e di conoscenza del mondo esterno, datagli dai cinque sensi e completata dall'immaginazione e dalla memoria. Infine è un essere razionale, in quanto possiede volontà e ragione. Abbiamo dunque in noi quattro vite distinte e dobbiamo quindi conoscerci quattro volte. Il nostro motto deve essere quello del frontone del Tempio di Delfi: «Conosci te stesso»; questo è l'ABC di ogni speranza.


c) Ogni giorno dobbiamo compiere un duplice esame di coscienza, una doppia pesata della nostra anima o psicostasia. Al mattino dobbiamo elaborare il nostro piano d'azione per la giornata, e la sera dobbiamo fare il bilancio di quanto siamo riusciti ad attuarne.


I Versi Aurei lo affermano senza equivoco: «Uscendo dal dolce sonno - dice Porfirio nel suo testo - devi innanzitutto riflettere con la massima cura sulle diverse opere che dovrai realizzare nel corso della giornata. La sera, poi, non devi mai lasciare che il sonno chiuda le tue pupille senza prima sottomettere alla ragione le azioni compiute di giorno, chiedendoti:
quali trasgressioni ho commesso? Cosa ho fatto? Quale dovere ho dimenticato?
Verifica tutti gli atti compiuti cominciando dal primo: se scopri di avere agito male, rimproverati; se hai fatto bene, rallegrati con te stesso»
(Versi Aurei, 40-44). Questo esercizio quotidiano della psicostasia ci permetterà costantemente di «fare il punto» sul nostro progresso morale.


d) Da dove proviene la nostra anima? Secondo Cicerone, che riprende certe tesi degli antichi, essa deriva dall'anima cosmica e si lega al corpo fisico nel quale è caduta. L'anima è un numero che si muove per propria virtù e cade in un determinato corpo seguendo una segreta affinità.


Qual è il motivo di questa caduta? E' per il suo bene, per il suo progresso, per evolversi verso la perfezione e per ridiventare un giorno degna di appartenere di nuovo alla sua patria celeste.

L'anima è limitata dal corpo in cui è racchiusa, sia per quanto concerne la conoscenza che per l'irraggiamento. Essa non può morire per rinascere: è la dualità corpo-anima che perisce, per rendere possibile una reintegrazione celeste grazie a questa rottura del legame che la vincola alla terra. L'uomo muore nel senso che il suo corpo fisico ritorna alla terra; la particella di
etere caldo della sua anima sussiste per un certo tempo dopo la morte, poi morirà a sua volta, e sarà questa la seconda morte. Ma la particella di etere freddo è immortale e subisce la legge delle peregrinazioni fino alla sua ascensione finale.

Queste sono, a grandi linee, le lezioni che ricevevano gli Akousmatikoi.
Ancora una volta, il Maestro parlava loro per enigmi:


  • «E' un crimine tirare i sassi contro le fontane» (Simb.7). La fontana dà generosamente la sua acqua chiara a tutti, senza discriminazioni o interesse. L'iniziato deve fare lo stesso. Non bisogna mostrarsi ingrati verso coloro che illuminano il popolo, che servono i loro simili con i consigli della loro saggezza; rispettiamo dunque i nostri maestri perché sono i nostri benefattori.

    «Non mangiare con la sinistra» (Simb. 8). La sinistra, per gli antichi,era la mano del l'imperfezione, dei profitto disonesto. Non accettiamo dunque nulla che provenga da una fonte impura.


  • «Non attizzare il fuoco con la spada» (Ak. 5). Non eccitiamo un essere in collera, ma piuttosto calmiamolo con parole dolci o con. soave armonia.
    La collera è una malattia che l'armonia può guarire, ristabilendo l'ordine turbato.


  • «Non portare l'immagine di un Dio su un anello» (Ak.9). Bisogna saper tacere e non parlare a tutti gli argomenti elevati. Non gettiamo ai porci le perle dell'iniziazione.


  • «Semina la malva senza mangiarla» (Ak. 13). Sii dolce con gli altri ma non con te stesso.


  • «Non spezzare il pane» (Ak. 24). Non essere avaro. Gli antichi
    dividevano il pane in quattro parti, con una croce intagliata al centro.
    Diamo agli sfortunati con larghezza e non con parsimonia.


  • «Allontana da te la spada affilata» (Ak. 40). Evita i violenti, i collerici, i maldicenti.


  • «Onora la toga, lo scanno, il Ternario» (Ak. 53). Rispetta la gerarchia,l'autorità legittima, l'armoniosa organizzazione del mondo.

Infine, segnaliamo che gli universalmente noti Versi Aurei, si aprono con l'invito a riconoscere la gerarchia che domina il mondo e alla quale il Miste deve rendere il giusto omaggio.


  • «Prima d'ogni altra cosa, rendi agli Dèi immortali il culto consacrato; rispetta Colui che protegge i giuramenti e gli eroi pieni di nobiltà. Onora infine gli spiriti sotterranei offri loro i sacrifici tradizionali»

 

 

 


 


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